Stupire in salute — Viversani e belli 03/02/2018

Stupire gli invi­tati, ma anche sfog­gia­re una lunch-box d’effetto e in gra­do di las­cia­re a boc­ca aper­ta (e mag­a­ri anche con l’acquolina in boc­ca) i col­leghi? Sem­plice a dirsi, non altret­tan­to a far­si non­stante la glob­al­iz­zazione anche dei gusti e delle usanze gas­tro­nomiche. Eppure ci sono un paio di soluzioni (e anche qual­cu­na in piu’) che “per sen­ti­to dire” , forse, sono abbas­tan­za conosciute, ma che in real­ta’ ben pochi san­no esat­ta­mente di cosa si trat­ta. Colmi­amo dunque ques­ta lacu­na e godi­amo­ci sapori insoli­ti e decisa­mente sfiziosi. 

CAVIALE DI LIMONE: UN AGRUME IN PUNTA DI DITA

Let­teral­mente sarebbe lime dal­la for­ma di dito (Fin­ger Lime), ed in effet­ti la for­ma oblun­ga ed affu­so­la­ta ricor­da quel­la del dito di una mano. In real­ta’ il Microc­itrus (o solo Cit­rus) aus­trala­si­ca, è un agrume che cresce nel­la zona costiera ori­en­tale sub­trop­i­cale aus­traliana. In natu­ra si pre­sen­ta come un albero del sot­to­bosco dall’altezza vari­abile di tre-cinque metri. Ha un fogliame rado, cresce molto lenta­mente e imp­ie­ga molti anni pri­ma di rius­cire a pro­durre frut­ti gus­tosi. In real­ta’ alcu­ni botani­ci esper­ti han­no nota­to che se sot­to­pos­to a con­dizioni di stress ambi­en­tali “con­trol­lati” la pro­duzione aumen­ta in maniera espo­nen­ziale. A liv­el­lo geneti­co vi e’ una ampia gam­ma di tipolo­gie di frut­to che dif­feriscono gli uni dagli altri per for­ma, dimen­sioni ma anche col­ore del­la buc­cia e soprattt­to, come abbi­amo vis­to, delle vesci­cole. In Italia quei pochi che gia’ lo conoscono ed han­no impara­to ad apprez­zar­lo lo chia­mano Limone caviale perche’ la pol­pa e’ com­pos­ta da tante pic­cole vesci­cole, piene di suc­co che ricor­dano ‑ma solo nel­la for­ma- le uova di caviale e pos­sono pre­sen­tar­si in diverse sfu­ma­ture di col­ore: dal verde, al gial­lo, al rosa, al rosso chiaro fino al magen­ta inten­so. Se il frut­to viene spez­za­to in due par­ti, le sfer­ette sgorgano all’ester­no, come tante pic­cole caramelle. Il gus­to a sec­on­da del gra­do di mat­u­razione varia dal sel­vati­co all’aromatico frut­ta­to. Sim­i­le per pro­pri­eta’ e con­tenu­to organolet­ti­co agli altri agru­mi favorisce la diges­tione, e’ nat­u­ral­mente rin­fres­cante e pre­sen­ta un buon con­tenu­to di vit­a­m­i­na C e B6, aci­do foli­co e potas­sio pro­prio come il limone. 

IN CUCINA

Il Fin­ger Lime e’ per­fet­to per dec­o­rare o dare un toc­co esclu­si­vo a pietanze a base di pesce o ver­dure di sta­gione, per dec­o­rare cock­tail ma anche dol­ci al cuc­chi­aio ed esaltarne la cre­mosi­ta’. La ripro­va del suc­ces­so cres­cente è data dal fat­to che sem­pre piu’ chef pluris­tel­lati lo inseriscono come ingre­di­ente nei pro­pri piat­ti. Un esem­pio? Dom­inque Creen e’ la World’s Best Female Chef del 2016 e ado­ra il fin­ger lime. E il suo piat­to-creazione prefer­i­to e’ pro­prio la capas­an­ta con fin­ger lime e ananas fer­men­ta­to dove l’acidità delle “per­le” del fin­ger lime esplode sul finale per una sen­sazione di pulizia e freschezza. 

IL CONSIGLIO EXTRA: In ven­di­ta si trovano anche frut­ti sim­ili al Fin­ger Lime: si trat­ta di un ibri­do amer­i­cano noto con il nome di vero nome faustrime che non con­tiene asso­lu­ta­mente per­le al pro­prio inter­no e pre­sen­ta sem­plice­mente un sapore piu’ amarog­no­lo rispet­to al limone comune.

ERBA OSTRICA: FRA MARE E ORTO IN UN PIATTO

Orig­i­nar­ia delle coste del Nord del­la Sco­zia, la Merten­sia mar­iti­ma è una pianti­na perenne dal fogliame mor­bido e di col­ore blu-gri­gio (sim­i­le alla salvia per cer­ti aspet­ti ma dal­la sfu­ma­ture di blu molto piu’ intense). Cio’ che colpisce e’ l’aspetto “mor­bidoso” delle foglie stesse, che in un cer­to sen­so ricor­dano quelle di alcune cac­tacee esotiche. Le foglie di ostri­ca sono del tut­to prive di odore, ma spri­gio­nano il loro gus­to inten­so e per­sis­tente quan­do ven­gono mas­ti­cate. Molto apprez­zate dai veg­e­tar­i­ani e non solo quan­do si trat­ta di “rein­ter­pretare” piat­ti onnivori in chi­ave veg, sono per­fette anche per arric­chire insalate oppure assieme a cru­dite’ di sta­gione. Le foglie di ostri­ca, dunque, gra­zie al loro gus­to par­ti­co­lare e alla con­sis­ten­za croc­cante, si prestano ad essere con­su­mate al crude, al nat­u­rale ma anche lessate per una insoli­ta ver­sione “al sapore di mare” dei piu’ comu­ni spinaci. Ottime come guarnizione edi­bile di ogni tipo di piat­to a base di pesce crudo o cot­to, sono sor­pren­den­ti anche come ingre­di­ente “seg­re­to” per sug­hi a base di ver­du­ra o per esaltare quel­li a base di pesce e mol­luschi. Le foglie di ostri­ca sono molto utili per la salute in quan­to con­tengono buone quan­ti­ta’ di zin­co e man­ganese, ma anche fer­ro e potas­sio e pos­sono essere con­su­mate sen­za tim­o­re anche da chi sof­fre di iper­co­les­terolemia e dis­tur­bi cir­co­la­tori ad esso col­le­gati ma atten­zione a non cuo­cer­le trop­po per­chè le loro pro­pri­età sono meglio con­ser­vate a crudo.

IL CONSIGLIO PIU’: Due fette di pan­car­re’ ai cere­ali o inte­grali tostate, foglie d’ostrica all’interno in filo di olio extravergine di oli­va ed ecco uno snack salutare dal sapore di mare. 

SI SCRIVE POKE’ E SI PRONUCIA POH-KAY

Il poke è uno degli antipasti tipi­ci hawai­iani. Si trat­ta di un’insalata di pesce crudo fat­to marinare breve­mente, arric­chi­ta da diver­si ingre­di­en­ti sapor­i­ti come il peper­on­ci­no e il cipol­lot­to. Il ter­mine poke indi­ca, nel­la lin­gua hawai­iana, il taglio del pesce a cubet­ti che conosce tante vari­anti di condi­men­ti e abbina­men­ti come quel­la influen­za­ta dal­la cuci­na asi­at­i­ca, con l’impiego del­l’o­lio di sesamo e sal­sa di soia, usati per la mar­i­natu­ra. Tradizional­mente il poke si prepara con il ton­no, ma la ver­sione attuale e più cre­ati­va del pokè prevede l’impiego di diver­si tipi di pesce (anche all’interno di una sin­go­la ricetta), ma di soli­to non man­cano mai ton­no (per un per­fet­to ahi poke) oppure il polpo o il salmone (anche in ver­sione affu­mi­ca­ta) da unire poi ai diver­si tipi di crosta­cei e uova di pesce. Anche la base veg­e­tale com­pos­ta da ver­dure var­i­opinte si affi­da spes­so a pomodori e cipolle come leit motiv e poi viene per­son­al­iz­za­ta a sec­on­da del gus­to del cliente (o del­lo chef stes­so) unen­do peper­oni dol­ci, o per chi non teme il “fuo­co” pic­cole delizie pic­can­ti, cetri­oli, olive e insalate gus­tose fra cui spic­cano la vale­ri­ana e l’indivia. Ma il poke’ e’ anche un piat­to estrema­mente equi­li­bra­to dal pun­to di vista nutrizionale vis­to che lo si accom­pa­gna qua­si sem­pre con riso lessato (bas­mati o per un toc­co ultra esoti­co nero venere). I puristi ter­mi­nano qui l’elenco degli ingre­di­en­ti, men­tre chi ama le salse e preferisce una ver­sione di poke piu’ ric­ca e cre­mosa puo’ aggiun­gere maionese, o wasabi o l’insolita sriracha a base i peper­onci­ni. Occorre pero’ fare atten­zione a non esager­are con le salse per due motivi: pri­ma di tut­to per non sbi­lan­cia­re con i gras­si essendo questo è un piat­to di per se’ nutrizional­mente molto equi­li­bra­to e poi per­chè il pesce viene già pre­ven­ti­va­mente mar­i­na­to nel­la sal­so di soia quin­di possiede gia’ un pro­prio gus­to molto deciso.

IL CONSIGLIO PIU’: Se si vuole con­ferire al poke una for­ma insoli­ta si puo’ cer­care in qualche locale spe­cial­iz­za­to la sushi cake. Gli ingre­di­en­ti sono sim­ili a quel­li uti­liz­za­ti per il poke’ sushi (pesce crudo, alghe, riso) ma invece che essere dis­posti core­ografi­ca­mente nel piat­to ven­gono impi­lati in maniera cre­ati­va uno sull’altro fino a creare una mini cake dall’aspetto insoli­to ed invitante

ZUPPA DELLE MIERAMEN!

Il ramen è un tipi­co piat­to giap­ponese che ha orig­i­ni cine­si molto antiche e poco conosciute. Il sig­ni­fi­ca­to del­la paro­la non è cer­to, le teorie più dif­fuse asso­ciano il ter­mine ramen al tipo di pas­ta usa­ta per la preparazione, altre sosten­gono che il ter­mine indichi il gesto del “mesco­lare” il bro­do con altri ingre­di­en­ti. Il ramen è un piat­to molto sostanzioso di cui esistono innu­merevoli vari­anti, ogni local­ità  giap­ponese ha la pro­pria ver­sione di ramen. Quel­la più conosci­u­ta è con i noo­dles, un tipo di pas­ta dif­fu­so nei pae­si asi­ati­ci dal­la for­ma lun­ga e sot­tile sim­i­le ai nos­tri spaghet­ti che si prepara con un impas­to sem­plice base di fari­na e acqua; servi­ti in bro­do di carne e/o pesce, insapor­i­to con sal­sa di soia o piu’ fre­quente­mente miso e guar­ni­ta con alghe sec­che o cipol­la verde. Prob­a­bil­mente molti di noi sono venu­ti a conoscen­za di questo piat­to notan­do­lo nel bel mez­zo di alcu­ni car­toon giap­pone­si in tv dove i per­son­ag­gi era­no mostrati gustare rumor­osa­mente questi spaghet­ti. Ques­ta “zup­pa”, in Giap­pone, è cibo da tutte le ore (i salary-man ossia gli imp­ie­gati giap­pone­si lo man­giano, di soli­to, pri­ma di tornare a casa con l’ultimo treno) ma anche i teen ager e impet­ti­ti uomi­ni d’affari fan­no spes­so la fila davan­ti ai chioschi che lo ser­vono. La ricetta, alquan­to labo­riosa prevede di las­cia­re sob­bol­lire a lun­go ossa e pan­cia di maiale, pol­lo a pezzi, ver­dure e funghi shi­itake, oltre a spezie che var­i­ano da zona a zona. Dopo aver fat­to cuo­cere a lun­go questi ingre­di­en­ti il bro­do viene sgras­sato e mes­so nel­la cioto­la assieme alla carne, alle ver­dure, a un uovo sodo taglia­to a meta’ e infine com­ple­ta­to dai famosi spaghet­ti.

IL CONSIGLIO PIU’: Per una ver­sione extra esot­i­ca del ramen si puo’ aggiun­gere del fette di naru­to, un rolle’ di pesce tipo suri­mi carat­ter­iz­za­to, al suo inter­no, da una spi­rale rossa o rosa che ricor­da i gorghi di Naru­to nel­lo stret­to omon­i­mo fra Awa­ji e Shikoku in Giappone

 

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